Le opere di Goldberg mettono in discussione e confondono “le distinzioni materiali e concettuali” tra i sistemi naturali e l’ambiente costruito. L’artista ha realizzato a mano sculture di dimensioni umane in ceramica, bronzo e altri materiali che evocano forme organiche, mettendo in atto una narrazione psicologica e un approccio meta-cartografico alla nostra epoca post-industriale.
Prendendo in considerazione micro e macro-attori viventi e non viventi, Goldberg enfatizza le trasformazioni, le mutazioni e le sospensioni, e afferma: “Sono interessata a dove l’interno e l’esterno collassano – il confine è sempre in perdita… Penso che sia sinaptico [congiunzione, concatenazione]. Che una cosa tocca l’altra e l’altra tocca l’altra. Quello spazio vertiginoso di recupero diventa un labirinto”.
Particolarmente importante per questa mostra è il fatto che in queste opere il senso della visione come “modalità privilegiata di accesso alla conoscenza” viene messo in discussione. Di conseguenza, i lavori di Goldberg sottolineano il ruolo chiave giocato dai criteri che scegliamo per mappare le relazioni tra esseri umani, oggetti e ambiente, e quanto di questa comprensione dipenda proprio dai mezzi di rappresentazione che adottiamo.
Rochelle Goldberg (Vancouver, Canada, 1984). Vive e lavora tra Vancouver e Berlino. Ha tenuto mostre personali presso Miguel Abreu Gallery di New York (2020 e 2017); The Power Station Dallas (2019); Masaccio House San Giovanni Valdarno (2018); GAMeC Bergamo (2017); e SculptureCenter a Long Island City, New York (2016). Ha partecipato a mostre collettive a livello internazionale, tra cui all’Aspen Art Museum; Okayama Art Summit; The Whitney Museum, New York; Fondation d’entreprise Ricard, Parigi; Barro, Buenos Aires; Kunstverein Dortmund; e The Artists Institute, New York.