In una delle tue mostre, ricordo che i visitatori toccavano il sale, che faceva parte dell’installazione – sono abbastanza sicuro, però, che non fosse un pezzo partecipativo. Pensi sempre di attivare questo senso di curiosità quando fai nuovi lavori?
Beh, non mi dispiacerebbe se il loro tocco fosse gentile. Ma, come già saprai, le arti visive non riguardano solo l’occhio.
La presenza umana è al centro della tua pratica in tutta la sua gloria e decadenza. Katerina Anghelaki-Rooke una volta scrisse che “il corpo è la vittoria e la sconfitta dei sogni”. Cosa ne pensate di questo dipolo?
Trovo che la sua linea sia molto poetica. Tuttavia, non uso affatto la parola “vittoria” nel mio vocabolario. Ma in ogni caso, la figura umana, così come la sua ombra, sono davvero essenziali per la mia ricerca.
Ho letto su Tate Etc. che sei rimasto deluso quando hai visto per la prima volta la “Pietà Rondanini” di Michelangelo al Castello Sforzesco; le tue aspettative sugli Antichi Maestri si erano formate durante la tua formazione su riproduzioni in bianco e nero che si trovano nei libri d’arte. Certo, oggi c’è una nuova generazione di arte altamente instagrammabile, ma… non stai usando i social media, giusto?
Riguardo alla Pietà… c’è un piccolo malinteso. Adoro questa scultura. Quello che ho cercato di descrivere in “Tate Etc.” era la situazione in cui l’opera era diventata completamente bianca grazie al restauro. È stato uno shock per me, poiché l’ho sempre immaginato sporco per le riproduzioni di pessima qualità. Ogni volta che mi trovo a Milano, cerco di visitare la “Pietà Rondanini”, e quindi alla fine l’ho accettata come un capolavoro pulito 🙂 Per quanto riguarda i social media… sì, non li sto proprio usando. Non c’è tempo, non c’è bisogno. Ma non è nemmeno un mio problema se le persone li usano in questo modo.
Restiamo un po’ più a Milano e, in particolare, nella tua retrospettiva 2017 “CROSSOVER/S” al Pirelli HangarBicocca. Sono rimasto colpito dall’opera “15 x 22 x 19 (teschio duro)” che poteva essere vista solo grazie a una guida che ci ha puntato una torcia. Potresti dirmi di più su questa scultura enigmatica?
È bello sapere che sei riuscito a trovare questa scultura e che ti è piaciuta. Nel mio lavoro elaboro molto spesso i processi di riciclo. Ad esempio, la storia di questo pezzo specifico è che una volta ho trovato un casco da motociclista molto vecchio buttato via; l’ho pulito e gli ho dato una nuova vita. Credo fermamente che anche il flusso di luce della torcia fosse una caratteristica integrante della scultura.
Utilizzi spesso materiali organici fragili e precari; sto pensando in particolare al sapone e a come si collega alle nozioni di cura. La pandemia ha cambiato il modo in cui gestisci questo elemento?
Durante la pandemia, sicuramente, ci siamo presi più cura e protezione di noi stess*. Ma, a parte questo momento storico particolare, ho sempre considerato l’uso del sapone abbastanza significativo nella vita.
Ultima domanda, Miroslaw: qual è la tua idea di spiritualità?
Ho sessantaquattro anni e non sono ancora in grado di rispondere a una domanda del genere. Ma molto probabilmente, il mio lavoro è la risposta a questo.