Where Things Happen #6 — Aug 2022

Nate Lewis si avvale di una grammatica visiva molto specifica, che raramente si riscontra  nel panorama artistico contemporaneo di oggi, in quanto fortemente influenzata dal suo background in infermieristica e medicina.

Le anatomie, le radiografie e le ecografie, sono infatti la fonte di ispirazione visiva di Lewis: in tutti i suoi lavori l’artista cerca di rilevare e poi far riecheggiare tutti i movimenti e i battiti spontanei generati sia all’esterno, che all’interno dei corpi viventi.

In effetti, i colori e le varie textures sono elementi fondamentali nelle immagini di diagnostica medica per comprendere le condizioni di un paziente: sottili alterazioni di tonalità, forme e superfici possono indicare una potenziale alterazione, ma rivelano anche alcune qualità estetiche che sono state raramente esplorate dagli artisti e che rendono il linguaggio di Lewis piuttosto unico.

Di fatto Nate Lewis non ha mai studiato arte formalmente e il suo background è piuttosto insolito, anche tra gli artisti autodidatti attivi oggi: con una laurea in infermieristica presso la VCU,  ha esercitato la professione di infermiere in terapia intensiva negli ospedali della zona di Washington per nove anni.

La sua prima attività artistica è stata suonare il violino nel 2008, seguita dal disegno nel 2010.

Poi ha deciso di lasciare il lavoro come infermiere  e di fare dell’arte la sua vita, trasferendosi a New York City e iniziando un nuovo capitolo nel 2017.

 

Anche la tecnica che utilizza è piuttosto particolare: conosciuto principalmente per le sue opere su carta, Nate tratta la superficie come un potente ricettacolo di sensi, dove il tatto prevale decisamente.

Attraverso il trattamento dell’artista, la superficie della carta si trasforma in una pelle palpabile, mentre crea diverse texture in rilievo, o scava e incide su di essa.

Sfidando i limiti solitamente attribuiti alle opere su carta, Nate rivela in questo modo gli inaspettati caratteri sia pittorici che scultorei del mezzo, creando motivi e texture vibranti in una sorta di bassorilievi leggeri e fragili.

Nella maggior parte dei suoi lavori, Lewis si esercita a ripercorrere le linee di immagini stampate o disegnate  con minuziosi movimenti di bisturi: sollevandone i bordi, interrompe così la regolarità della superficie per una nuova vibrazione epidermica e vivace.

In questo modo la carta si trasforma in un organismo, mentre l’artista scolpisce modelli e texture simili a tessuti cellulari e scopre e riattiva le anatomie dei soggetti originariamente fotografati.

 

“Interagire con le immagini è un atto di cura”, spiega Lewis, “esploro e metto in discussione la storia del soggetto, rispecchiando le capacità delle lenti diagnostiche nel mio linguaggio del vedere e dell’ascoltare. Le trame e i modelli che creo risuonano con i ritmi e i suoni che ascolto”.

 

In effetti, le sue opere hanno un ritmo specifico, che si riflette sia su queste superfici vivaci,  sia nei corpi danzanti che spesso rappresentano.

I corpi in movimento, e la musica in particolare, giocano un ruolo importante nella pratica dell’artista: nel suo studio, infatti, c’è sempre musica mentre lavora.

Questa musicalità ritorna in molti dei lavori, che appaiono appunto un  tentativo di catturare, registrare e amplificare i diversi battiti interni dei nostri corpi e delle nostre energie viventi.

Soprattutto nelle sue “figure danzanti”, i corpi si espandono sulla superficie come se le pulsazioni e i movimenti dell’aria generati dalle loro energie corporee risuonassero e si espandessero in onde nell’aria.

Tale approccio alquanto unico alla rappresentazione del corpo è mosso da un profondo interesse dell’artista nel comprendere ed esplorare come i modi sfumati di guardare e ascoltare un corpo possano influenzare profondamente il modo in cui percepiamo e concepiamo il nostro corpo, così come il modo in cui di conseguenza ci approcciamo al mondo.

 

Non era la mia prima volta nello studio di Nate.

La prima era stata a settembre: Nate si era appena trasferito nell’edificio, che si trova in una zona a sud del Bronx, dove ora si trovano molti altri studi di artisti, anche per l’avanzare della gentrificazione della città sia su Manhattan che ormai anche Brooklyn.

Scende con tutta la sua serena energia, guidandomi al piano superiore e nell’attraversare l’affascinate labirinto che è l’ edificio dove si trova il suo spazio di lavoro: il suo studio è infatti all’interno di uno spazio di proprietà di un collezionista e accumulatore quasi ossessivo di cimeli.

Dobbiamo attraversare un intero corridoio di mobili vintage, dalle poltrone abbandonate delle tavole calde americane, a vecchie macchine da cucire e cartelloni pubblicitari decontestualizzati.

Erano già passati alcuni mesi dal mio ultimo studio visit e ho trovato il suo studio in puro fermento: Nate sta cercando nuovi modi per arricchire le superfici delle sue opere, introducendo innanzitutto altri pigmenti e comprendendo come questi possano amplificare i movimenti, determinare momenti sincopati o semplicemente vitalizzare i toni prevalentemente bianco/neri che era solito usare per creare.

Nel frattempo, vorrebbe anche concentrarsi  nuovamente su alcune opere su carta con sfondo puramente bianco ed esplorare alcune applicazioni scultoree su di esse, come era solito fare in passato.

Mentre lo confessa, tira fuori alcuni primi lavori, in cui organi di carta emergono dalla superficie come applicazioni e manifestazioni dell’interno e dell’esterno.

Nel frattempo, sta anche pensando ad un video immersivo, in cui i movimenti viscerali e le texture ricavate dalle immagini diagnostiche possano essere proiettati nello spazio, in modo che queste palpitazioni diventino davvero presenti, palpabili.

Come ammette lui stesso, ha iniziato a fare arte solo da pochi anni e ci sono ancora tante direzioni e possibilità che vuole esplorare.

La prossima occasione sarà una mostra alla Fridman Gallery di New York, che aprirà a breve a settembre

Nonostante Nate sembra aver già trovato una grammatica visiva molto specifica e riconoscibile, che fa sì che il suo lavoro sia già ampiamente apprezzato sia dal mercato che dalle istituzioni (in pochi anni è riuscito a essere incluso nelle collezioni di importanti musei in tutto il Paese e all’estero), possiamo osservare in Lewis un forte desiderio di non escludere alcuna possibilità di espandere ulteriormente la sua pratica, e di far progredire il suo lavoro. Il che fa intuire come ci sia molto altro, all’orizzonte.

BIO

Nate Lewis (nato nel 1985 a Beaver Falls, PA) esplora la storia attraverso modelli, strutture e ritmo, creando meditazioni di celebrazione e lamento.

Ha conseguito una laurea in infermieristica presso la Virginia Commonwealth University e ha praticato l'assistenza infermieristica in condizioni critiche per nove anni. La prima attività artistica di Lewis è stata suonare il violino nel 2008, seguita dal disegno nel 2010. Dal 2017 vive e lavora a New York.

Le opere di Lewis sono state esposte al California African American Museum, allo Studio Museum di Harlem, allo Yale Center for British Art e in Men of Change: Power, Triumph, Truth, in tournée con lo Smithsonian Institution Traveling Exhibition Services.

Tra le sue residenze passate figurano Pioneer Works, Dieu Donne, Fountainhead e il Robert Blackburn Printmaking Workshop. Le opere di Lewis sono presenti nelle collezioni del Baltimore Museum of Art, del Virginia Museum of Fine Art, del Brooklyn Museum, dello Studio Museum di Harlem, del Carnegie Museum of Art, del Wellin Museum of Art, del Blanton Museum of Art, del Grinnell College Museum of Art, della Kadist Foundation e di altre istituzioni. Ha tenuto conferenze all'Università di Yale nell'ambito del Racial Imaginary Institute di Claudia Rankine.

BIO

Nate Lewis (nato nel 1985 a Beaver Falls, PA) esplora la storia attraverso modelli, strutture e ritmo, creando meditazioni di celebrazione e lamento.

Ha conseguito una laurea in infermieristica presso la Virginia Commonwealth University e ha praticato l'assistenza infermieristica in condizioni critiche per nove anni. La prima attività artistica di Lewis è stata suonare il violino nel 2008, seguita dal disegno nel 2010. Dal 2017 vive e lavora a New York.

Le opere di Lewis sono state esposte al California African American Museum, allo Studio Museum di Harlem, allo Yale Center for British Art e in Men of Change: Power, Triumph, Truth, in tournée con lo Smithsonian Institution Traveling Exhibition Services.

Tra le sue residenze passate figurano Pioneer Works, Dieu Donne, Fountainhead e il Robert Blackburn Printmaking Workshop. Le opere di Lewis sono presenti nelle collezioni del Baltimore Museum of Art, del Virginia Museum of Fine Art, del Brooklyn Museum, dello Studio Museum di Harlem, del Carnegie Museum of Art, del Wellin Museum of Art, del Blanton Museum of Art, del Grinnell College Museum of Art, della Kadist Foundation e di altre istituzioni. Ha tenuto conferenze all'Università di Yale nell'ambito del Racial Imaginary Institute di Claudia Rankine.

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