Nata nel 1990 nel campo rifugiati di Irbid, in Giordania, Laila Ajjawi è una street artist palestinese che attualmente vive ad Amman.
La sua famiglia proviene dal villaggio di Jenin Ajja in Palestina.
I suoi nonni furono costretti a lasciare la loro terra e stabilirsi a Irbid nel 1948.
Laila utilizza i muri del campo per diffondere consapevolezza sul caso palestinese e sull’emancipazione delle donne.
Coinvolta in ambito umanitario, con la sua arte intende difendere la causa dei rifugiati.
Vivere in un campo rifugiati ha plasmato il mio carattere e la mia personalità e ha influenzato la mia visione del mondo. Nascere in un posto come questo è totalmente diverso che nascere fuori. Il campo è sempre stato una grande bolla per me, credevo che il mondo fuori sarebbe stato diverso, finché non mi è stato possibile uscire e scoprirlo. Il campo è stato il mio primo cortile, il luogo dove ho iniziato a fare arte per la prima volta, direttamente sui muri.
Una scelta sicura per me, perché quello era il mio posto e quella era la mia gente.
È stato come sperimentare qualcosa dentro di me: ho osservato da vicino e ho capito il potenziale dei graffiti, quanto possono essere potenti se diventano veicolo per un messaggio forte. Ho iniziato a notare le reazioni e le conversazioni delle persone mentre disegnavo. In quel momento, per loro ero uno strano fenomeno, perché la street art non era qualcosa di familiare da vedere alla luce del giorno.
Naturalmente c’erano tanti graffiti all’interno del campo, sui muri, ma si trattava quasi sempre di graffiti dello stesso genere, legato alla causa e alla terra palestinesi, con messaggi e rappresentazioni comuni. E questo lo si vede in tutti i campi rifugiati palestinesi, in Giordania e altrove. Ma la street art intesa in termini di belle arti era qualcosa di nuovo per loro, indipendentemente dal fatto che fossi una donna. Non si aspettavano che ci fossi io dietro a queste opere, visto che la scena della street art mondiale è dominata dagli uomini: è stata una sorpresa per loro vedere le mie opere e capire che l’autrice ero io.
Un fiore di vita
2024
140×210 cm
Acrilico e foglia d’oro su tela
Una donna tiene tra le mani una giara di olio d’oliva, mentre sullo sfondo cresce un albero di arancio. L’opera intende rappresentare come tante donne aiutino le loro famiglie, svolgendo un lavoro artigianale o piccole mansioni che assicurino un guadagno, per superare le difficoltà economiche.
L’abito della donna si allarga a formare una casa che riproduce i motivi architettonici del campo: un altro simbolo del contributo femminile alla crescita e allo sviluppo delle loro comunità.
Storie mai viste
2024
140×210 cm
Acrilico e foglia d’oro su tela
Con questa giovane donna l’artista ha voluto rappresentare una storia della sua comunità, di padri e fratelli che lavorano duramente per permettere un’istruzione migliore alle loro figlie o sorelle, affinché possano avere migliori possibilità nella vita – ad esempio buone opportunità di lavoro – senza chiedere loro nulla in cambio. La donna raffigurata nell’opera, poiché comprende le difficili circostanze e le sfide che la sua famiglia sta affrontando, assume volontariamente parte delle responsabilità e aiuta in casa. La corda per i panni che tiene in mano, così come lo scorcio di strada alle sue spalle, rappresentano l’impegno e l’emancipazione delle donne nelle loro famiglie e comunità. Le rose, l’ulivo e l’abito tradizionale simboleggiano il profondo legame che la giovane mantiene con la sua terra natale, un legame che si trasmette di generazione in generazione.