Where things happen #25— Luglio 2024

Tramite la sua pratica scultorea, l’artista cinese Liao Wen ha esplorato le dinamiche delle interazioni e delle reazioni del corpo umano, creando potenti metafore tridimensionali che spesso rivelano analogie con i comportamenti di altri animali. Con un’apparenza a metà tra carcasse e protesi, queste creature scultoree prefigurano potenziali estensioni o degradazioni del corpo umano, mentre sembrano suggerire già nuovi ibridi tra le specie, e tra la natura e il degrado dei relitti industriali che ci circondano. 

La incontriamo in una giornata afosa e calda a Hong Kong, dove Liao Wen si è trasferita un anno fa. Il suo studio si trova in uno spazio ragionevolmente ampio e ben illuminato all’interno di uno dei edifici industriali riconvertiti in spazi polifunzionali in questa città in rapida evoluzione. Il quartiere in cui lavora Wen è una zona dei New Territories di Hong Kong, dove vivono molti locali, ma anche altri artisti hanno trovato il loro studio qui.

Quando entriamo, Liao Wen è in pieno lavoro in preparazione a un’ampia personale presso Capsule Shanghai, che aprirà nella sede di Venezia il prossimo settembre.

Il suo studio è più simile ad una falegnameria. Nonostante la sua presenza graziosa e la statura contenuta, Liao Wen svolge da sola la maggior parte delle lavorazioni, progettando, intagliando e modellando creature di legno, di solito tre volte più grandi di lei. 

Non è brava in matematica, confessa, ma per realizzare queste sculture è necessaria molta ingegneria, perché tutto deve combaciare e incastrarsi perfettamente nelle giunture, altrimenti, bisogna ricominciare da capo. Per lei non esistono rendering o disegni digitali, utilizza solo schizzi disegnati a mano che vengono trasformati in piccole maquette, che aiutano a testare i punti di giunzione di ogni parte e i possibili movimenti. 

C’è qualcosa di unico, quasi epico, in tutta questa maestria, che si traduce poi in creature futuristiche che il più delle volte appaiono già profetiche per un’epoca post-umana.  

Wen spiega che il suo background è nella creazione di marionette, avendo iniziato studiando quest’antica arte nella Repubblica di Check. L’arte delle marionette riveste ancora un’importanza culturale notevole in Cina, risalendo a oltre 2.000 anni fa, alla dinastia Han, ed è un deposito essenziale di folklore, miti e racconti storici.

Le creature di Wen sembrano uscire da qualche mito o racconto antico.
Come ha poi confessato durante la nostra conversazione, Wen è cresciuta in montagna, dove di solito la natura prevale ma migliaia di anni di civiltà hanno insegnato agli esseri umani come cooperare e adattarsi alle forze naturali. I suoi nonni avevano una fattoria lì, e i suoi ricordi d’infanzia sono per lo più legati ai fuochi accesi nei boschi e alla scoperta di nuove piante e insetti, come ricorda finché parliamo. 

Tuttavia, come ci spiega, tutte queste comunità sono state messe a dura prova a causa della produzione agricola di massa, che ha completamente stravolto i ritmi tradizionali e le norme associate ai cicli naturali che erano soliti seguire.
Ascoltando queste storie, ci si rende conto che la pratica di Liao Wen è profondamente radicata nel suo background personale, essendo cresciuta a stretto contatto con la natura e si è resa conto di alcune risposte automatiche ed esistenziali ad essa e alle dinamiche biologiche. Il suo lavoro suggerisce come questa “selvaticità”, dentro e fuori di noi, sia qualcosa di innato che non potremo mai reprimere del tutto, ma che in ultima analisi è necessario per la sopravvivenza della comunità.

Il punto di vista di Liao Wen è molto pessimistico (o realistico): per lei gli esseri umani sono innatamente egoisti. Pertanto, anche quando l’uomo inizia a preoccuparsi dell’ambiente e delle altre specie o a immaginare un nuovo modello di coesistenza ibrida, è sempre da una prospettiva puramente umano-centrica. “Non sapremo mai cosa sta pensando una pietra o un animale”, ha detto.

Quando andiamo a trovarla, uno dei pezzi più significativi della mostra è al centro dello studio.
Come ci spiega Wen, questa figura è stata ispirata da immagini di rituali di matidi. “Il maschio viene divorato dalla femmina mentre si riproducono”, ci spiega l’artista. Le due strutture del corpo in legno si intersecano e si incastrano, ma senza una soluzione finale di continuità e unità. 

Wen è scettica riguardo alla spiegazione dello scienziato, secondo cui ciò è dovuto solo alle sostanze nutritive di cui ha bisogno per nutrire i neonati. Per Wen, questo non fa che esemplificare come la natura contempli la crudeltà, l’autodifesa e l’aggressività e come ogni creatura sia intrinsecamente egoista, preoccupandosi innanzitutto della propria sopravvivenza e protezione. Wen ha poi esplorato la connessione tra il mangiare, la morte e il rituale, che si manifesta in molte tradizioni antiche nella nozione di sacrificio come operazione di trasferimento di energia.

L’artista sta pensando di aggiungere sul dorso anche qualcosa di simile ai semi che ha trovato durante una delle sue recenti escursioni sulle montagne di Hong Kong. Nel mostrarceli, sono batuffoli di cotone, leggeri ed estremamente delicati. Erano all’interno di un guscio robusto, spiega, ma una volta usciti era così difficile farli rientrare: uscivano di nuovo, fluttuavano in giro, spinti da un bisogno irrefrenabile di diffondersi, di espandersi oltre se stessi e di svolgere il loro ruolo di procreazione. Qualcosa che forse dovremmo sentire anche noi come esseri umani, ma il ritmo della società contemporanea ha in qualche modo corrotto e offuscato questo bisogno.

Come spiega Liao Wen, recentemente si è interessata su questa nozione di “disgusto”, per analizzare come anche questo sia solo una costruzione umana, una nozione derivante da un processo culturale di purificazione e rimozione di qualcosa che altrimenti è profondamente istintivo e innato in altre specie. In particolare, come osserva l’autrice, la maggior parte degli animali ha questa risposta istintiva che permette loro di identificare ciò che è velenoso. Al contrario, altri mammiferi come i gatti, i cani e gli esseri umani l’hanno persa, ed è probabilmente per questo che abbiamo dovuto costruire quelle strutture “verbali” per descrivere ciò che è da evitare e ciò che non lo è. Il disgusto è quindi una nozione psicologica ed estetica, che si trasforma in una nozione esistenziale per sostenere la sopravvivenza delle specie.

Mentre discutiamo del suo lavoro, Liao Wen appare molto esperta e curiosa di molte dinamiche biologiche. La sua mood board, su un tavolo, rivela anche varie illustrazioni di scheletri e strutture animali, accompagnate da molte osservazioni anatomiche. 

Quando le si chiede di parlare della sua fascinazione per i corpi, spiega che ha sviluppato fin dalla giovane età. È chiaro che l’idea che Liao Wen ha di scultura non è intesa a compiacere l’occhio o a perseguire un’idea classica di bellezza; c’è invece qualcosa di molto oscuro in essa. Le sue opere sono caratterizzate da un aspetto inquietante e mostruoso che sembra farle presagire un tempo in cui gli esseri umani sono già scomparsi o si sono tramutati in qualcosa di completamente diverso. 

In questo senso, le sculture di Wen potrebbero essere in sintonia con quanto sostenuto dal filosofo Byung-Chul Han sulla nozione odierna di bellezza “purificata”. 

Le opere di Liao Wen rifiutano infatti totalmente una nozione di bellezza che, nell’odierna società della positività, è stata associata al “liscio”, e che elimina ogni “contro”, ogni negatività, l’alieno. Wen invece ristabilisce e potenzia questa “alterità” di una possibile “negatività”, necessaria per un vero senso della realtà e di un’idea di arte che possa davvero scuotere e avere un impatto. Se il “liscio” è qualcosa che piace e basta, come una scultura riflettente di Koons, Liao Wen, nella sua arte, ristabilisce invece il valore del “corpo opposto” che disturba una tranquilla contemplazione e apprezzamento ma attiva domande e pensieri critici. 

Mentre un lato della produzione artistica di Wen è incentrato su queste creature e animali, l’altro si riferisce direttamente ai cadaveri umani, alla percezione del corpo e alle sensazioni e reazioni extracorporee.

Liao Wen è anche interessata a tradurre in scultura le complesse interrelazioni tra condizioni fisiche e mentali e come queste si riflettono e si manifestano nei corpi.
È il caso, ad esempio, della sua recente presentazione a Frieze New York 2023, che è stata anche premiata con il Focus Stand Prize. In questo caso, i rilievi a parete e le sculture free-standing della presentazione hanno analizzato le percezioni corporee sotto la pelle, fungendo da filtro tra l’interno e il mondo esterno.

Nella prossima mostra di Liao Wen in qualche modo questi due aspetti della sua ricerca si fonderanno e si mescoleranno più ampiamente. Per la prima volta, infatti, Wen introdurrà alcuni performer umani che attiveranno le sculture. 

Wen ammette che le sue sculture hanno sempre avuto lo scopo di muoversi ed essere mosse, ma da tempo si chiedeva come incoraggiare lo spettatore a farlo in modo sicuro senza danneggiare l’opera durante la mostra. La soluzione migliore era quella di ricorrere a performer preparati che sapessero come muoverle, cosa che è stata finalmente possibile con l’occasione della mostra e il supporto della galleria. 

Integrando nelle opere la performance, queste assumono anche un aspetto ritualistico. Le sue creature si attivano nello spazio, diventando potenti casse di risonanza  per messaggi e simbolismi che si imprimono e si dispiegano con maggiore intensità nella memoria degli spettatori.  

In particolare, uno dei pezzi più ambiziosi a cui sta lavorando per la mostra è una struttura di grandi dimensioni che si ispira allo scheletro di una balena.  Sospesa nello spazio, avrà all’interno alcuni tamburi tradizionali che gli artisti rimuoveranno, come parti del corpo, e suoneranno nello spazio. Alcune campane sulla bocca completeranno l’esperienza sonora, mosse delicatamente dal vento mentre la scultura galleggia nello spazio.

Questa opera è ispirata alla storia di una balena rosa che l’anno scorso è apparsa nelle acque orientali di Hong Kong, un raro avvistamento che ha affascinato gli spettatori e incuriosito gli esperti accorsi per vederla. Alla fine, la balena è scomparsa e infine è morta; secondo alcuni, è stata spaventata e forse ferita da una delle tante barche di turisti venite a vederla. Questa storia è tristemente simile ad altre in cui gli esseri umani trovano scheletri di balena in riva al mare, li assemblano e li espongono con orgoglio come trofeo, nonostante questo sia spesso anche un segno di morte, di solito causata dalle navi o dall’inquinamento. Ancora una volta, per Wen, questo è un segno di quanto antropocentrico sia ancora il comportamento umano, e di come una violenza innata, anche se espressa in modi diversi, sia alla base dell’istinto di sopravvivenza. 

Attraverso questo lavoro e la mostra in generale, l’artista sembra cercare una riconnessione e una comprensione alternativa della natura. Si parte dal riconoscimento delle somiglianze nelle strutture corporee e nei comportamenti condivisi dagli esseri viventi nelle diverse specie, per poi estendersi alla riscoperta e alla riattivazione di una più antica connessione spirituale con la natura, che implica rituali e contemplazione più profonda. 

Il lavoro di Liao Wen sembra suggerire relazioni alternative e armoniose tra corpi di specie diverse, in risonanza con i cicli vitali della natura.

Collegandosi alla definizione di Foucault di mostruosità come qualcosa di “esterno” e assolutamente “alieno”, le creature mostruose di Liao Wen diventano presenze inquietanti che anticipano o, almeno, immaginano possibilità future alternative che già eludono tutte le nozioni di identità e differenze di specie, sovvertendo completamente il percorso evolutivo e prefigurandone uno alternativo.

PHOTO CREDITS

Hesitation,2020
limewood, silicone, ruby
106 x 45 x 91 cm
Photo by Ling Weizheng. Courtesy of Capsule Shanghai and the artist.

Stare, 2022
hand-colored limewood, epoxy resin, stainless steel
110 x 72 x 50 cm
Photo by Ling Weizheng. Courtesy of Capsule Shanghai and the artist.

The Garden of Adonis, 2021
limewood, silicone, poly clay, white crystal, agate, myrrh, anemone
95 x 55 x 144 cm
Photo by Ling Weizheng. Courtesy of Capsule Shanghai and the artist

Blind Hunter, 2021
limewood, silicone, epoxy resin, rubber tube, antler, smelling salts, flocking powder
98 x 85 x 70 cm
Courtesy of the Art Museum of Guangzhou Academy of Fine Arts and the artist.

Uprise, 2021
limewood, silicone, red crystal, pearl
90 ×98 ×87 cm
Photo by Ling Weizheng. Courtesy of Capsule Shanghai and the artist.

Detail of Uprise
Photo by MC Zhang
Courtesy of the artist

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