“Molti pensano che una volta arrivati in Europa, la vita cambia. Per il meglio…”
Non è andata così per Odette, una donna di 40 anni, fuggita dal Camerun “perché la mia vita era in pericolo”. Mi racconta la sua storia mentre tiene in braccio la sua meravigliosa bimba nata qui in Italia, neanche due anni fa, che canta un motivo tutto suo in attesa di andare al nido.
“Ora ho tanta forza e voglia di vivere – la bimba scoppia in una risata propria sulle parole ‘forza’ e ‘vivere’, ha capito che si parla di lei – Ma è stata durissima”.
L’odissea di Odette è paradigmatica di tanti migranti. Passaggi da un centro di accoglienza a un altro, senza un senso logico. “In uno dei tanti eravamo in sei in una stanzetta piccola, tutte storie molto difficili, litigi continui inevitabili per una tensione sempre alta, un incubo”. Così va da un’amica, ma senza lavoro e senza documenti.
Odette fa richiesta d’asilo appena arrivata, nel 2015. Riceve un diniego dopo l’altro. L’avvocato non la segue. Lei è sola, fa un nuovo ricorso ma questa volta oltre al diniego, arriva il foglio di via. “Quel giorno pensavo di morire. Ero da anni in Italia, avevo un lavoro come badante in regola, una bimba e un compagno. Mi crollò il mondo addosso”. Odette entra in una fase di grave scoraggiamento.
Un’amica le presenta una nuova avvocata che è un portento. Resetta tutto e a novembre 2023 Odette ottiene la protezione umanitaria.
Adesso la bimba è con me. La mamma è andata a fare le fotografie e sono io il suo divertitissimo baby sitter. Tira la barba, toglie gli occhiali. Ride, ride, ride. Come la mamma.
Queste nuove, meravigliose italiane.