I cinque campi di Baq’a, Hittin, Irbid, Madaba e Souf, in Giordania, raccontano una delle più antiche, dolorose e finora irrisolte storie di migrazione del ventesimo secolo: quella degli oltre 750 mila palestinesi, che, a seguito alla guerra arabo-israeliana del 1948 e alla fondazione dello Stato di Israele, hanno dovuto abbandonare le proprie case per trovare riparo nei Paesi vicini.
A 20 chilometri di distanza da Amman, il campo di Baq’a è stato istituito nel 1968 per ospitare palestinesi provenienti dalla Cisgiordania, Gerusalemme Est e dalla striscia di Gaza dopo la guerra arabo-palestinese dei sei giorni, nel 1967.
Anche Hittin, situato nel quartiere Marka dell’area metropolitana di Amman, è nato per offrire riparo alle persone in fuga dalla guerra, nel 1968.
Nel nord della Giordania, il campo di Irbid (1951), inizialmente formato da tende, è stato trasformato in quello che oggi sembra essere diventato quasi un quartiere della città che lo ospita.
Il campo di Madaba, insediato nell’omonima città, la quarta più grande della Giordania, è stato istituito nel 1956. Oggi, a causa della vicinanza con la Siria, accoglie anche novemila siriani, provenienti da Damasco, Homs e Daraa.
Creato nel 1967 a 50 chilometri dalla capitale Amman, il campo di Souf è situato tra le città di Souf e Jerash, e, secondo le stime dell’UNHCR, nel campo vivono tuttora oltre ventimila persone.
La partecipazione dei quindici artisti palestinesi provenienti da questi campi è stata coordinata dall’artista Laila Ajjawi, lei stessa originaria del campo di Irbid. Inoltre, grazie alla collaborazione di Ali Arkady, la sezione è completata da altri artisti palestinesi che risiedono a Gaza o all’estero.