Ciao Goshka! Sei nel tuo studio in questo momento? Potresti descrivermi cosa c’è lì davanti a te?
In questo momento sto guardando un quadro di Eileen Agar che è appeso qui nel mio studio da anni.
La maggior parte delle opere della mia collezione sono resti di mostre passate, regali o il risultato di uno scambio tra me e altri artisti. Sono solita acquistare poche opere d’arte e il dipinto di Eileen Agar è uno di questi rari casi. Ho sempre provato un grande interesse per il suo lavoro ed è stato sorprendente scoprire che alcune delle sue opere siano ancora in vendita. Credevo che i lavori di questo tipo si trovassero solo nei musei e non che si potessero acquistare liberamente.
Nella composizione del dipinto, tutti gli elementi hanno un grande potenziale simbolico. All’epoca in cui l’ha realizzato, Agar aveva visitato una mostra su Tutankhamon al British Museum, e quindi l’opera potrebbe esserne stata influenzata da questa esposizione. Ho una scheda che descrive tutti i probabili riferimenti del quadro, che mi è stata inviata dalla galleria. Ne sono totalmente affascinata, ma non credo che il dipinto sia basato su una ricerca così approfondita, perché l’artista ha lavorato in modo spontaneo e libero, non come me, che ho consultato molti volumi e mi sono inventata dei nuovi percorsi di ricerca. Penso che nel dipinto sia abbastanza chiaro il modo in cui Agar abbia assemblato tutti i dettagli – è molto più intuitivo.
Osservo questo lavoro all’infinito, come tutto ciò che mi circonda. Tuttavia, se mi chiedete di descrivere questo quadro da sinistra a destra, dal basso verso l’alto, senza guardarlo, potrei farvi solo una breve descrizione, poiché non riesco mai a memorizzarlo completamente. Si crea un rapporto appassionante con un oggetto quando lo si può esplorare senza mai catturarlo completamente. Questo è ciò che mi ha attirato di più in questo dipinto. È una scoperta continua, che appare innovativa e attuale anche dopo mezzo secolo.
C’è Greka con te ora? Adoro il modo in cui compare nel tuo lavoro nei modi più inaspettati. Ho saputo che l’hai salvata dalla strada proprio qui in Grecia un paio di anni fa e che possiedi anche un piccolo possedimento su un’isola greca. Prenderesti in considerazione l’idea di trasferirti in un contesto insulare?
Greka è qui ed è molto stanca dopo la sua passeggiata quotidiana. Sta dormendo sul divano, sdraiata sulla schiena con le zampe all’aria. È nella sua posizione preferita per riposare.
L’ho trovata in Grecia, su un’isola chiamata Milos. Era stata abbandonata, era affamata e molto malata. Vederla in quelle condizioni mi ha spezzato il cuore e ho deciso immediatamente di salvarle la vita. Inizialmente, non avevo intenzione di tenerla, ma di trovarle una famiglia accogliente in Grecia. Tuttavia, poiché era stata maltrattata dai suoi precedenti proprietari, non volevo rischiare di lasciarla con qualcuno di cui non mi fidavo pienamente in Grecia e, alla fine, l’ho portata a Londra. Volevo che avesse una vita serena, come quella di una persona, piuttosto che essere incatenata a un albero a 30-40 gradi. Ho scoperto che altri cani a Milos e in altre parti della Grecia venivano maltrattati e questo mi ha davvero sconvolto. Gli animali sono esseri così straordinari e spesso le persone hanno un’idea sbagliata del rapporto che ci lega a loro, come se noi uomini fossimo superiori. Purtroppo, questa è una visione molto distante dalla verità.
Nel 2017, in occasione degli eventi di Documenta 14 ad Atene, ho visitato la Grecia e successivamente mi sono recata a Idra e a Citera (senza Greka). Citera è un luogo umile dove non arrivano i grandi yacht e la natura è la principale attrazione dell’isola in tutte le stagioni dell’anno. Ho trovato un pezzo di terra che mi piaceva molto e ho deciso di costruirci una casa. Ciò che mi ha affascinata è stata la semplicità del luogo e la bellezza di quell’atmosfera così naturale. Sentivo anche che lì avrei potuto trovare quella pace e quello spazio vitale che è impossibile assaporare nella sovraffollata Londra. Allora non mi rendevo conto che costruire una casa in Grecia sarebbe stato così impegnativo e oggi probabilmente non affronterei un progetto del genere. Mi ci sono voluti cinque anni per “concludere”, quasi del tutto, la casa e l’entusiasmo iniziale con cui ero arrivata a Citera si è affievolito a causa delle numerose difficoltà incontrate.
Avevo intenzione di trascorrere lunghi periodi in Grecia per spezzare la mia routine londinese e non di trasferirmi lì in modo permanente. Finora, il periodo più lungo che ho trascorso in Grecia è stato di due mesi. Greka non era molto entusiasta di tornare in Grecia, perché faceva troppo caldo per lei, le mancavano gli amici di Londra e l’erba verde, che lei si gode nel Regno Unito per la maggior parte dell’anno.
Parliamo della tua pratica artistica; il tuo approccio è legato alla svolta storiografica che ha avuto il mondo dell’arte e a questa nuova ossessione per il passato. Tu fai spesso riferimento a fatti, eventi o personaggi storici e li mescoli con scenari fantastici. In questo momento, mi viene in mente la tua grande installazione a Fondazione Prada, composta da 73 teste in bronzo di grandi filosofi. Mi chiedevo se c’è una figura o un personaggio che ti ispira maggiormente.
Per “Istituto Internazionale di Cooperazione Intellettuale” di Fondazione Prada ho lavorato a una serie di sculture basate sull’idea di uno scambio intellettuale. La natura di questo progetto mi ha permesso di accumulare una grande quantità di materiale di ricerca relativo a questo argomento. Studiando i rapporti verbali e scritti di vari personaggi importanti e di alcuni gruppi di persone, è possibile rintracciare il bisogno e il desiderio umano di proporre soluzioni a problemi condivisi. Per esempio, il confronto tra Einstein e Freud su come fermare la guerra o lo scambio di opinioni tra Marx ed Engels sull’importanza dell’abolizione dell’oppressione sociale delle classi lavoratrici sono state di grande ispirazione per le giovani generazioni dell’epoca e hanno determinato la fine di determinate epoche storiche. Nei miei allestimenti scultorei, ho riunito personaggi di periodi storici e di aree d’interesse diverse e le ho inserite in un ipotetico scambio di idee. Nel 2016 ho portato avanti quest’idea e ho organizzato una serie di incontri tra intellettuali e creativi nel Regno Unito per cercare di arricchire l’intero progetto. Negli ultimi anni abbiamo affrontato problemi mondiali significativi che richiedono un grande varietà di competenze rispetto a quelle offerte solo dai politici, dalle Istituzione e dalle Agende attuali. Il processo di lavoro per il progetto “Istituto Internazionale di Cooperazione Intellettuale” è forse un buon esempio di come il rapporto tra politica contemporanea e impegno artistico possa essere interpretato attraverso riferimenti storici. È davvero difficile scegliere una persona che mi ispiri maggiormente. Il mio interesse cambia continuamente e sono sempre attratto da nuovi scenari con personaggi diversi.
Se oggi tu dovessi aggiungere altre teste a quell’installazione, chi sarebbero e perché?
Penso che le persone importanti di oggi siano quelle che potrebbero salvare il nostro pianeta. Tutti i problemi che abbiamo affrontato di recente hanno cambiato la nostra gerarchia d’importanza, ponendo le questioni ambientali in cima alla lista. Quindi, persone come Joy Adamson, un’ambientalista che ha aperto la strada alla tutela della fauna africana, potrebbero essere una buona scelta. Potrebbe anche essere interessante coinvolgere Seth Godin, che ha scritto il libro “The Carbon Almanac”, il quale ritiene che non sia troppo tardi per fermare il cambiamento climatico. L’elenco è lungo. Alcune persone sono già state citate nel mio lavoro, come Arne Naess, che ha dato origine al concetto di ecologia profonda e all’uguaglianza di tutti gli organismi viventi. Naturalmente, potrei anche realizzare una testa che commemori una giovane attivista, come Greta Thunberg. Lei è forse il personaggio più rappresentativo della generazione dei giovanissimi che si impegnano attivamente per proteggere il futuro del nostro pianeta.
Mi interessa anche il modo in cui ricorri alla curatela come parte integrante della tua pratica artistica. Ammiro in particolare la relazione tra le opere e i materiali selezionati, che alla fine diventa un viaggio spirituale – una vera e propria scintilla magica. Tuttavia, c’è un dibattito in corso sulla distinzione tra la pratica artistica e quella curatoriale. Pensi che sia necessario avere dei modelli fissi nel nostro campo?
La mia pratica artistica viene spesso definita come l’assunzione dei ruoli dell’artista, del curatore, del collezionista, del ricercatore e del progettista di mostre. Tuttavia sarebbe più corretto parlare di queste categorie, spesso associate alla mia pratica, come quelle “che determinano la mia posizione all’interno di una tassonomia della storia dell’arte e mi rendono parte di essa”. Lavoro con diversi media, tra cui la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura e il design, oltre che con la performance e il video. Cerco di creare i miei personali sistemi di classificazione, dando vita a una nuova consapevolezza. Non mi colloco necessariamente nelle categorie sopraelencate. Tuttavia, riconosco la necessità di una categorizzazione per creare una struttura o un sistema ordinato, ma i processi artistici sono così individuali che gli artisti stessi non sempre sono in grado di definire la loro posizione nella storia seguendo questi parametri. Infatti, la loro classificazione e quella del loro lavoro è un atto che di solito viene fatto da critici, curatori e da storici dell’arte. Il mio metodo di lavoro è stato costante negli ultimi dieci anni. Il processo di ricerca gioca un ruolo fondamentale per la realizzazione delle mie opere e il mezzo con le quali le realizzo è sempre uno strumento innovativo, capace di modificarsi, ma che rimane fedele all’idea iniziale dell’intero progetto.
Ultima domanda: vorrei sapere della sua passione per gli arazzi. Negli ultimi dieci anni, tu hai recuperato potenti immagini intessute e le hai inserite in azioni performative. Cosa ti attira della tradizione tessile?
L’ampio uso della tessitura nel corso della storia illustra l’evoluzione dell’umanità. Inoltre, la sua funzione sociale porta con sé un messaggio politico intrinseco importante.
Lavoro con la tessitura dal 2009, quando ho realizzato i miei primi arazzi, tra cui uno intitolato “On the Nature of the Beast”. Era il risultato di un progetto, che ero stata invitata a realizzare alla Whitechapel Gallery di Londra. Lì, con l’aiuto di Iwona Blazwick, sono riuscita a prendere in prestito e a includere nella mia installazione una copia in tessuto della “Guernica” di Picasso, commissionata da Nelson Rockefeller nel 1955 ed esposta all’edificio delle Nazioni Unite a New York dal 1985. Questa copia della “Guernica” è stata appesa per anni fuori dalla Camera del Consiglio di Sicurezza, facendo da sfondo ad annunci pubblici e riunioni. È stata poi coperta con una tenda blu nel febbraio 2003, in occasione della conferenza stampa tenuta da Colin Powell prima della riunione delle Nazioni Unite sull’invasione dell’Iraq. Poiché non avrei mai potuto usare il dipinto originale per la mia mostra alla Whitechapel, ho preso in prestito quella copia della “Guernica”, creando un collegamento storico tra la guerra civile spagnola e l’inizio della nuova guerra in Iraq.
Il mio arazzo “On the Nature of the Beast”, realizzato dopo la mia mostra alla Whitechapel, commenta l’uso e l’abuso dell’arte nei dibattiti politici e nei contesti sociali.
L’arazzo mi ha affascinato per molte ragioni, una delle quali è legata al suo uso politico originario che rispecchia così da vicino l’arte di propaganda. Dal punto di vista logistico, l’arazzo si è rivelato una buona soluzione, in quanto mi ha permesso di produrre opere di grandi dimensioni che posso trasportare abbastanza facilmente. Ogni arazzo è stato realizzato in base a un preciso luogo o a un particolare contesto. Recentemente ho lavorato a una serie di arazzi in 3D che si concentrano sui problemi ambientali che oggi dobbiamo affrontare.
Goshka Macuga, Plus Ultra, 2009, Installation
Exhibition view: Fare Mondi / Making Worlds, 53rd Venice Biennale
Photo: Andy Stagg
Courtesy of the artist and Kate MacGarry
Goshka Macuga, To the Son of Man Who Ate the Scroll, 2015
Exhibition view: What Was I? by Goshka Macuga
Prada Rong Zhai, 2019
Photo: Alessandro Wang
Courtesy of Prada
Goshka Macuga, The Nature of the Beast, 2009-2010
© Whitechapel Gallery 2022
Goshka Macuga, Who Gave Us a Sponge to Erase the Horizon?, 2022, Tapestry, 290x460 cm
Photo: Angus Mill
Courtesy of the artist and Kate MacGarry
Goshka Macuga, Death of Marxism, Women of All Lands Unite,2013, Tapestry, 560x290 cm
Exhibition view: The Paradox of Stillness: Art, Object, and Performance
Walker Art Center, 2021
Photo: Pierre Ware
Courtesy of the artist
Goshka Macuga, International Institute of Intellectual Co-operation, 2016
Exhibition view: GOSHKA MACUGA: To the Son of Man Who Ate the Scroll
Fondazione Prada – Milano, 2016
Photo: Delfino Sisto Legnani Studio
Courtesy of Fondazione Prada
Eileen Agar, Cleopatra, 1979, Acrylic on canvas
Goshka Macuga, Karl Marx, 2016, Parian ware
After Kippenberger, 2005, Leather-bound monograph on Martin Kippenberger
Library Table
2005
Wood, leather, books, lamps
Photo: Goshka Macuga
Goshka Macuga, Plus Ultra, 2009, Installation
Exhibition view: Fare Mondi / Making Worlds, 53rd Venice Biennale
Photo: Andy Stagg
Courtesy of the artist and Kate MacGarry
Goshka Macuga, To the Son of Man Who Ate the Scroll, 2015
Exhibition view: What Was I? by Goshka Macuga
Prada Rong Zhai, 2019
Photo: Alessandro Wang
Courtesy of Prada
Goshka Macuga, The Nature of the Beast, 2009-2010
© Whitechapel Gallery 2022
Goshka Macuga, Who Gave Us a Sponge to Erase the Horizon?, 2022, Tapestry, 290x460 cm
Photo: Angus Mill
Courtesy of the artist and Kate MacGarry
Goshka Macuga, Death of Marxism, Women of All Lands Unite,2013, Tapestry, 560x290 cm
Exhibition view: The Paradox of Stillness: Art, Object, and Performance
Walker Art Center, 2021
Photo: Pierre Ware
Courtesy of the artist
Goshka Macuga, International Institute of Intellectual Co-operation, 2016
Exhibition view: GOSHKA MACUGA: To the Son of Man Who Ate the Scroll
Fondazione Prada – Milano, 2016
Photo: Delfino Sisto Legnani Studio
Courtesy of Fondazione Prada
Eileen Agar, Cleopatra, 1979, Acrylic on canvas
Goshka Macuga, Karl Marx, 2016, Parian ware
After Kippenberger, 2005, Leather-bound monograph on Martin Kippenberger
Library Table
2005
Wood, leather, books, lamps
Photo: Goshka Macuga