Goshka Macuga: intervista all’artista

Features #15— Gennaio 2023


Parliamo della tua pratica artistica; il tuo approccio è legato alla svolta storiografica che ha avuto il mondo dell’arte e a questa nuova ossessione per il passato. Tu fai spesso riferimento a fatti, eventi o personaggi storici e li mescoli con scenari fantastici. In questo momento, mi viene in mente la tua grande installazione a Fondazione Prada, composta da 73 teste in bronzo di grandi filosofi. Mi chiedevo se c’è una figura o un personaggio che ti ispira maggiormente.

Per “Istituto Internazionale di Cooperazione Intellettuale” di Fondazione Prada ho lavorato a una serie di sculture basate sull’idea di uno scambio intellettuale. La natura di questo progetto mi ha permesso di accumulare una grande quantità di materiale di ricerca relativo a questo argomento. Studiando i rapporti verbali e scritti di vari personaggi importanti e di alcuni gruppi di persone, è possibile rintracciare il bisogno e il desiderio umano di proporre soluzioni a problemi condivisi. Per esempio, il confronto tra Einstein e Freud su come fermare la guerra o lo scambio di opinioni tra Marx ed Engels sull’importanza dell’abolizione dell’oppressione sociale delle classi lavoratrici sono state di grande ispirazione per le giovani generazioni dell’epoca e hanno determinato la fine di determinate epoche storiche. Nei miei allestimenti scultorei, ho riunito personaggi di periodi storici e di aree d’interesse diverse e le ho inserite in un ipotetico scambio di idee. Nel 2016 ho portato avanti quest’idea e ho organizzato una serie di incontri tra intellettuali e creativi nel Regno Unito per cercare di arricchire l’intero progetto. Negli ultimi anni abbiamo affrontato problemi mondiali significativi che richiedono un grande varietà di competenze rispetto a quelle offerte solo dai politici, dalle Istituzione e dalle Agende attuali. Il processo di lavoro per il  progetto “Istituto Internazionale di Cooperazione Intellettuale” è forse un buon esempio di come il rapporto tra politica contemporanea e impegno artistico possa essere interpretato attraverso riferimenti storici. È davvero difficile scegliere una persona che mi ispiri maggiormente. Il mio interesse cambia continuamente e sono sempre attratto da nuovi scenari con personaggi diversi.

 

Se oggi tu dovessi aggiungere altre teste a quell’installazione, chi sarebbero e perché?

Penso che le persone importanti di oggi siano quelle che potrebbero salvare il nostro pianeta. Tutti i problemi che abbiamo affrontato di recente hanno cambiato la nostra gerarchia d’importanza, ponendo le questioni ambientali in cima alla lista. Quindi, persone come Joy Adamson, un’ambientalista che ha aperto la strada alla tutela della fauna africana, potrebbero essere una buona scelta. Potrebbe anche essere interessante coinvolgere Seth Godin, che ha scritto il libro “The Carbon Almanac”, il quale ritiene che non sia troppo tardi per fermare il cambiamento climatico. L’elenco è lungo. Alcune persone sono già state citate nel mio lavoro, come Arne Naess, che ha dato origine al concetto di ecologia profonda e all’uguaglianza di tutti gli organismi viventi. Naturalmente, potrei anche realizzare una testa che commemori una giovane attivista, come Greta Thunberg. Lei è forse il personaggio più rappresentativo della generazione dei giovanissimi che si impegnano attivamente per proteggere il futuro del nostro pianeta.


Mi interessa anche il modo in cui ricorri alla curatela come parte integrante della tua pratica artistica. Ammiro in particolare la relazione tra le opere e i materiali selezionati, che alla fine diventa un viaggio spirituale – una vera e propria scintilla magica. Tuttavia, c’è un dibattito in corso sulla distinzione tra la pratica artistica e quella curatoriale. Pensi che sia necessario avere dei modelli fissi nel nostro campo?

La mia pratica artistica viene spesso definita come l’assunzione dei ruoli dell’artista, del curatore, del collezionista, del ricercatore e del progettista di mostre. Tuttavia sarebbe più corretto parlare di queste categorie, spesso associate alla mia pratica, come quelle “che determinano la mia posizione all’interno di una tassonomia della storia dell’arte e mi rendono parte di essa”. Lavoro con diversi media, tra cui la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura e il design, oltre che con la performance e il video. Cerco di creare i miei personali sistemi di classificazione, dando vita a una nuova consapevolezza. Non mi colloco necessariamente nelle categorie sopraelencate. Tuttavia, riconosco la necessità di una categorizzazione per creare una struttura o un sistema ordinato, ma i processi artistici sono così individuali che gli artisti stessi non sempre sono in grado di definire la loro posizione nella storia seguendo questi parametri. Infatti, la loro classificazione e quella del loro lavoro è un atto che di solito viene fatto da critici, curatori e da storici dell’arte. Il mio metodo di lavoro è stato costante negli ultimi dieci anni. Il processo di ricerca gioca un ruolo fondamentale per la realizzazione delle mie opere e il mezzo con le quali le realizzo è sempre uno strumento innovativo, capace di modificarsi, ma che rimane fedele all’idea iniziale dell’intero progetto.

 

Ultima domanda: vorrei sapere della sua passione per gli arazzi. Negli ultimi dieci anni, tu hai recuperato potenti immagini intessute e le hai inserite in azioni performative. Cosa ti attira della tradizione tessile?

L’ampio uso della tessitura nel corso della storia illustra l’evoluzione dell’umanità. Inoltre, la sua funzione sociale porta con sé un messaggio politico intrinseco importante.

Lavoro con la tessitura dal 2009, quando ho realizzato i miei primi arazzi,  tra cui uno intitolato “On the Nature of the Beast”. Era il risultato di un progetto, che ero stata invitata a realizzare alla Whitechapel Gallery di Londra. Lì, con l’aiuto di Iwona Blazwick, sono riuscita a prendere in prestito e a includere nella mia installazione una copia in tessuto della “Guernica” di Picasso, commissionata da Nelson Rockefeller nel 1955 ed esposta all’edificio delle Nazioni Unite a New York dal 1985. Questa copia della “Guernica” è stata appesa per anni fuori dalla Camera del Consiglio di Sicurezza, facendo da sfondo ad annunci pubblici e riunioni. È stata poi coperta con una tenda blu nel febbraio 2003, in occasione della conferenza stampa tenuta da Colin Powell prima della riunione delle Nazioni Unite sull’invasione dell’Iraq. Poiché non avrei mai potuto usare il dipinto originale per la mia mostra alla Whitechapel, ho preso in prestito quella copia della “Guernica”, creando un collegamento storico tra la guerra civile spagnola e l’inizio della nuova guerra in Iraq.

Il mio arazzo “On the Nature of the Beast”, realizzato dopo la mia mostra alla Whitechapel, commenta l’uso e l’abuso dell’arte nei dibattiti politici e nei contesti sociali.

L’arazzo mi ha affascinato per molte ragioni, una delle quali è legata al suo uso politico originario che rispecchia così da vicino l’arte di propaganda. Dal punto di vista logistico, l’arazzo si è rivelato una buona soluzione, in quanto mi ha permesso di produrre opere di grandi dimensioni che posso trasportare abbastanza facilmente. Ogni arazzo è stato realizzato in base a un preciso luogo o a un particolare contesto. Recentemente ho lavorato a una serie di arazzi in 3D che si concentrano sui problemi ambientali che oggi dobbiamo affrontare.

BIO

Nata a Varsavia nel 1967, Goshka Macuga vive e lavora a Londra dal 1989. È un'artista multidisciplinare e la sua pratica artistica va dalla scultura, all'installazione, fino ad arrivare alla fotografia e al video. La sua ricerca si concentra principalmente sull'analisi della Storia, proponendo letture non convenzionali delle narrazioni sociali e politiche del mondo. Il lavoro di Macuga è stato esposto al Museum of Modern Art, alla Fundació Antoni Tàpies, al New Museum, al Padiglione Schinkel, alla Kunsthalle Basel e al Museo de Arte Contemporáneo de Castilla y León. Ha partecipato a Documenta 13 nel 2012 ed è stata candidata al Turner Prize nel 2008. Le sue opere sono presenti in importanti collezioni, tra cui la Tate e il Walker Art Center.

Photo Credit

Goshka Macuga, Plus Ultra, 2009, Installation
Exhibition view: Fare Mondi / Making Worlds, 53rd Venice Biennale
Photo: Andy Stagg
Courtesy of the artist and Kate MacGarry

Goshka Macuga, To the Son of Man Who Ate the Scroll, 2015
Exhibition view: What Was I? by Goshka Macuga
Prada Rong Zhai, 2019
Photo: Alessandro Wang
Courtesy of Prada

Goshka Macuga, The Nature of the Beast, 2009-2010
© Whitechapel Gallery 2022

Goshka Macuga, Who Gave Us a Sponge to Erase the Horizon?, 2022, Tapestry, 290x460 cm
Photo: Angus Mill
Courtesy of the artist and Kate MacGarry

Goshka Macuga, Death of Marxism, Women of All Lands Unite,2013, Tapestry, 560x290 cm
Exhibition view: The Paradox of Stillness: Art, Object, and Performance
Walker Art Center, 2021
Photo: Pierre Ware
Courtesy of the artist

Goshka Macuga, International Institute of Intellectual Co-operation, 2016
Exhibition view: GOSHKA MACUGA: To the Son of Man Who Ate the Scroll
Fondazione Prada – Milano, 2016
Photo: Delfino Sisto Legnani Studio
Courtesy of Fondazione Prada

Eileen Agar, Cleopatra, 1979, Acrylic on canvas

Goshka Macuga, Karl Marx, 2016, Parian ware

After Kippenberger, 2005, Leather-bound monograph on Martin Kippenberger

Library Table
2005
Wood, leather, books, lamps

Photo: Goshka Macuga

BIO

Nata a Varsavia nel 1967, Goshka Macuga vive e lavora a Londra dal 1989. È un'artista multidisciplinare e la sua pratica artistica va dalla scultura, all'installazione, fino ad arrivare alla fotografia e al video. La sua ricerca si concentra principalmente sull'analisi della Storia, proponendo letture non convenzionali delle narrazioni sociali e politiche del mondo. Il lavoro di Macuga è stato esposto al Museum of Modern Art, alla Fundació Antoni Tàpies, al New Museum, al Padiglione Schinkel, alla Kunsthalle Basel e al Museo de Arte Contemporáneo de Castilla y León. Ha partecipato a Documenta 13 nel 2012 ed è stata candidata al Turner Prize nel 2008. Le sue opere sono presenti in importanti collezioni, tra cui la Tate e il Walker Art Center.

Photo Credit

Goshka Macuga, Plus Ultra, 2009, Installation
Exhibition view: Fare Mondi / Making Worlds, 53rd Venice Biennale
Photo: Andy Stagg
Courtesy of the artist and Kate MacGarry

Goshka Macuga, To the Son of Man Who Ate the Scroll, 2015
Exhibition view: What Was I? by Goshka Macuga
Prada Rong Zhai, 2019
Photo: Alessandro Wang
Courtesy of Prada

Goshka Macuga, The Nature of the Beast, 2009-2010
© Whitechapel Gallery 2022

Goshka Macuga, Who Gave Us a Sponge to Erase the Horizon?, 2022, Tapestry, 290x460 cm
Photo: Angus Mill
Courtesy of the artist and Kate MacGarry

Goshka Macuga, Death of Marxism, Women of All Lands Unite,2013, Tapestry, 560x290 cm
Exhibition view: The Paradox of Stillness: Art, Object, and Performance
Walker Art Center, 2021
Photo: Pierre Ware
Courtesy of the artist

Goshka Macuga, International Institute of Intellectual Co-operation, 2016
Exhibition view: GOSHKA MACUGA: To the Son of Man Who Ate the Scroll
Fondazione Prada – Milano, 2016
Photo: Delfino Sisto Legnani Studio
Courtesy of Fondazione Prada

Eileen Agar, Cleopatra, 1979, Acrylic on canvas

Goshka Macuga, Karl Marx, 2016, Parian ware

After Kippenberger, 2005, Leather-bound monograph on Martin Kippenberger

Library Table
2005
Wood, leather, books, lamps

Photo: Goshka Macuga

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