Where things happen #12— Marzo 2023

Il lavoro di Ivana Bašić è mosso da una ricerca di trascendenza, dal desiderio di andare oltre i confini della materialità e di esplorare nuove possibilità di elevazione spirituale.

Allo stesso tempo, il suo processo artistico è estremamente laborioso e richiede un forte legame e un costante impegno fisico con i materiali che l’artista manipola per condurli alla loro successiva evoluzione.

Questo diventa molto chiaro non appena entro nel suo studio: Ivana è nel bel mezzo di un’attività frenetica, mentre interagisce con un suo  assistente che sta spostando alcuni materiali e andando a prendere altro vetro al piano di sotto.

Al momento della nostra visita l’artista stava lavorando a una serie di sculture di grandi dimensioni a cui sta lavorando da alcuni anni, come ci rivela.

Lavorando a queste da tempo  in contemporanea contemporaneamente a produzioni e progetti meno impegnativi, negli ultimi due anni ha creato un gruppo di potenti creature  monumentali, che sembrano inglobare diverse tematiche che il suo lavoro solitamente interseca.

Le ha tenute in studio per anni, ma ora sta iniziando a mostrarle ai curatori, con l’obiettivo di trovare l’occasione giusta per presentarle finalmente al pubblico.

Osservando queste creature, ci si rende conto di come incarnino perfettamente una precisa volontà di costringere lo spettatore a un confronto con l’alterità “scomoda”, un elemento che ricorre in tutta la pratica dell’artista.

Queste entità aliene parlano infatti allo spettatore come mormorando qualche verità segreta, ma proveniente da un passato futuro: si manifestano nello spazio come presagi dell’ineluttabile destino condiviso da tutti i corpi, ma anche come epifanie di nuove possibili evoluzioni in dimensioni ultraterrene che possiamo solo immaginare ma non concepire appieno, in quanto già al di là di qualsiasi esperienza materiale nota.

Tuttavia, come Bašić mi spiega a seguito, il contatto con i materiali fisici è comunque un aspetto fondamentale nella pratica dell’artista, considerato come un punto di partenza necessario per un processo di progressiva liberazione della materia e della forma: come pochissimi scultori fanno oggi, tutta la sua produzione di Bašić è il puro risultato di un lavoro manuale fatto in prima persona dall’artista, intagliando, modellando plasmando e dipingendo le diverse parti, con un pieno coinvolgimento personale nel processo di creazione lungo i diversi strati della scultura.

Le sue opere consistono spesso in complesse aggregazioni di più strati e fasi, che combinano materiali per lo più antitetici, creando forti tensioni e resistenze. Le sculture di Ivana Bašić sono costruite tramite contrasti tra elementi forti e più fragili e tra superfici solide e trasparenti, come nel caso in cui l’artista sperimenta la fusione di parti di vetro soffiato con la pietra solida.

In questo modo, l’opera di Ivana Bašić sembra incarnare e raccontare perfettamente questo eterno contrasto tra la mortalità delle entità effimere e l’atemporalità delle forme irriducibili.

Ad un’osservazione più attenta, però, ci si rende conto anche di come l’arte di Basic sia il più delle volte il risultato di uno sforzo di progressiva riduzione della materia in polvere: l’artista persegue così questo tentativo utopico di liberare le sue sculture dai limiti della loro materialità, trovando il nucleo esistenziale delle energie e la loro essenza.

 

Non a caso, talvolta  le sue sculture appaiono come resistenti e impenetrabili, sia allo spettatore che al mondo esterno: sembrano cercare di ripararsi da tutte le interferenze e le minacce estranee, assumendo un forma fetale ma anche di una crisalide, che racchiude questa misteriosa ma universale tensione tra la fine di una fase della vita, e l’evoluzione in un’altra.

In questo modo, fondendo insieme materiali diversi, Basic crea personaggi ultraterreni che manifestano una metamorfosi e un’evoluzione in corso, suggerendo alla fine la possibilità di una liberazione e di un’elevazione catartica, di una possibile trascendenza dal trauma e dal dolore dell’esistenza materiale oltre i limiti dei loro attuali corpi fisici.

Come mi spiegherà Ivana, tutti i suoi lavori sono in gran parte ispirati alle teorie del Cosmismo russo, che combina elementi di religione ed etica per elaborare una storia e una filosofia alternativa, della genesi, dell’evoluzione e dell’esistenza futura del cosmo e dell’umanità.

Ispirate da queste teorie, molte delle ultime creazioni dell’artista elaborano l’idea della metamorfosi vista come l’ultimo cambiamento possibile, quando è già impossibile uscire da qualsiasi altra condizione, liberarsi.

Facendo riferimento a “L’ontologia dell’incidente” di Catherine Malabou: “L’unica via d’uscita possibile dall’impossibilità del volo sembra essere la formazione di una forma di volo. In altre parole, la formazione di un’identità che fugge da sé”.

 

Allo stesso tempo, Bašić confesserà in seguito come il suo lavoro mantenga al suo interno anche una dimensione più personale, nonostante questa si manifesti in modo più silenzioso e allegorico sotto forma di sculture: il loro aspetto in difesa, il loro sforzo di resistere alle minacce esterne alla fine riflettono, rievocano anche l’ esperienza traumatica dell’artista della fragilità e vulnerabilità a cui è soggetta la nostra presenza fisica nel mondo, e della nostra vita materiale, essendo cresciuta durante la guerra in Jugoslavia, sotto il costante pericolo incombente di bombardamenti e attacchi incessanti.

Nutrendosi dunque proprio da questa profonda consapevolezza della fallibilità e caducità del corpo materiale che l’artista ha sviluppato nel corso delle sue esperienze di vita e delle sue letture, le opere di Ivana Bašić appaiono infine guidate dalla stessa ricerca dell’immortalità della forma, per eludere la fragilità e la caducità della carne, che ha animato la scultura fin dalla sua genesi nell’arte classica, e anche prima.

I risultati sono opere estremamente eleganti ma anche profondamente fondate su forti convinzioni e riferimenti filosofici e psicologici, a riprova del forte background culturale e identitario che alimenta l’arte e la ricerca complessiva di Ivana Bašić

Mentre parliamo, percepisco dalle parole dell’artista sia il desiderio che l’ambizione di impegnarsi presto in qualche grande progetto in cui queste recenti creature possano finalmente trovare il giusto palcoscenico per essere presentate in modo adeguato.

Dimostrando chiaramente di possedere un intelletto superiore unito a un’attitudine al lavoro estremamente dura e, soprattutto, una profonda conoscenza della storia dell’arte e di tutte le teorie spirituali e filosofiche che guidano il suo approccio al medium, Ivana Bašić ha chiaramente davanti una traiettoria di continua evoluzione e crescita, sia come artista che come trasmettitore di energie attraverso la sua arte.

BIO

Ivana Bašić (nata nel 1986 a Belgrado, Jugoslavia) vive e lavora a New York. Si è laureata all'Università di Belgrado e ha conseguito un master alla Tisch School of the Arts della New York University.
Tra le mostre recenti ricordiamo: Lafayette Anticipationss, Parigi; National Gallery of Prague; Museum of Art and Design at Miami Dade College; The Whitney Museum, of American Art, New York; Hessel Museum of Art, Annendale- On-Hudson; KUMU Museum, Tallinn; 6th Athens Biennial; 57th Belgrade Biennial; Center for Contemporary Art Estonia, Talinn; La Panacee Museum of Contemporary Art, Montpellier; Künstlerhaus Halle für Kunst & Medien, Graz. Le sue opere fanno parte della collezione permanente del Whitney Museum of American Art di New York.

BIO

Ivana Bašić (nata nel 1986 a Belgrado, Jugoslavia) vive e lavora a New York. Si è laureata all'Università di Belgrado e ha conseguito un master alla Tisch School of the Arts della New York University.
Tra le mostre recenti ricordiamo: Lafayette Anticipationss, Parigi; National Gallery of Prague; Museum of Art and Design at Miami Dade College; The Whitney Museum, of American Art, New York; Hessel Museum of Art, Annendale- On-Hudson; KUMU Museum, Tallinn; 6th Athens Biennial; 57th Belgrade Biennial; Center for Contemporary Art Estonia, Talinn; La Panacee Museum of Contemporary Art, Montpellier; Künstlerhaus Halle für Kunst & Medien, Graz. Le sue opere fanno parte della collezione permanente del Whitney Museum of American Art di New York.

Condividi