Kiki Smith descrive il suo lavoro come una sorta di “cosmografia contemporanea” dove l’artista mappa le riflessioni sulla vulnerabilità della condizione umana rispetto a un più ampio insieme di forze naturali ed eventi che accadono intorno a noi, e su cui, spesso, non possiamo esercitare alcun controllo.

Nell’avvicinarsi a questi fenomeni, Smith utilizza in modo fluido un dizionario visivo personale, attingendo a un immaginario universale e archetipico condiviso in epoche e culture diverse, come in una sorta di registro psicologico dell’esperienza universale, il cosiddetto “inconscio collettivo”, come definito da Carl Gustav Jung. In effetti, questa relazione tra l’individuo e l’universo è al centro di tutta la sua ricerca. In occasione di Atlante Temporaneo abbiamo discusso con l’artista di come le opere in mostra estendano a loro volta il proprio orizzonte emotivo, politico ed estetico da una dimensione personale ad una più universale.

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Paul Maheke

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