Seymour Chwast è un graphic designer il cui lavoro pionieristico ha alterato il corso della comunicazione grafica contemporanea sin dagli anni ’60. Attraverso la sintesi, la reinvenzione e la parodia delle immagini Chwast ha inventato un linguaggio visivo che ha portato la grafica editoriale oltre la mera illustrazione didascalica di una frase o di un titolo. Personale, urgente e ossessiva, la sua opera grafica ha divertito e ispirato generazioni di grafici e lettori.
In questa intervista abbiamo approfondito il suo modus operandi, gli argomenti che tratta nelle sue opere e la mappa esposta ad Atlante Temporaneo.
Lavori come designer a 360 gradi, la tua pratica tocca comunicazione grafica, manifesti, contenuti editoriali, pubblicità, fumetti. Affermi che una delle chiavi per il successo è di essere unici ma al contempo comprensibili, essere originali ma accessibili. Al contrario, l’arte contemporanea a volte è lontana dall’essere comprensibili al primo sguardo. In entrambi i casi abbiamo a che fare con delle immagini ma il trattamento è differente, perciò vorrei chiederti qual è il tuo rapporto con le arti visive in generale? Come si integra il design con l’arte?
Il design grafico contiene un messaggio che deve arrivare allo spettatore. Sia che si tratti di un’immagine o di un testo, è il concetto che deve venire per primo. Gli elementi del design e dell’arte si sono fusi a tal punto da non poterli più distinguere. La poesia concettuale e la scrittura esistono contemporaneamente alla tipografia e alla pittura, su tela o su carta.
Il tuo lavoro grafico ha spesso avuto a che fare con storie di guerra, l’hai illustrata attraverso fumetti e poster. Trovi più interessante raffigurare la parte negativa? Cos’è che ti interessa del lato oscuro dell’umanità?
Non sono interessato al lato oscuro dell’umanità. I miei sentimenti verso la guerra hanno trovato un posto nel mio lavoro, è capitato che i simboli della guerra siano più interessanti di quelli della pace.
Per Atlante Temporaneo abbiamo stampato Coitus Topographicus, una cartografia di un atto sessuale. Da dove è venuta l’idea di usare parametri topografici per una situazione così intima?
Ho visto il diagramma degli organi sessuali in un libro in un negozio d’antiquario. L’ho trasformata in una mappa perché ci assomigliava.
Con Push Pin Studio avete provato a incarnare un nuovo senso di libertà, forse non è un caso che sia stato fondato solo pochi anni prima che Eduard Hoffmann inventasse il carattere tipografico Helvetica. Con il tuo lavoro hai teorizzato la libertà creativa dai limiti imposti da certi canoni di bellezza, integrando l’inaspettato e l’imperfetto con una punta di ironia e grottesco. Quali sono le fonti d’ispirazione per lo stile visivo del tuo design?
Da Push Pin ci siamo rivoltati contro la tradizione e i cliché. Ci chiamavano postmoderni, evitavamo l’Helvetica, etc. I nostri strumenti includevano tutti gli stili e le convenzioni, eravamo ligi solo alle regole del design tipografico.