SHARIF

 “La mia famiglia in Bangladesh era in gravi difficoltà. Io amavo andare a scuola ma ho capito che dovevo darmi da fare”.

Sono tanti i ragazzini di ogni angolo del mondo che lasciano le proprie sicurezze e si addentrano a mani nude verso l’inferno. Sharif è uno di loro. A soli 15 anni. 

“Ho chiesto in giro, mi dicevano stai tranquillo, basta che paghi”. Così la famiglia si indebita fino all’inverosimile e Sharif parte. Con il pullman fino al Pakistan, poi altri soldi, confine con l’Iran. In Iran il gioco si fa ancora più duro “Ero il più piccolo, le foreste buie con animali, il deserto… pensavo spesso alla morte”. Alla frontiera con la Turchia cambiano i trafficanti, altro pagamento, e si imbarcano verso l’Egeo. In Grecia Sharif molla. 

“Piangevo sempre, ero disperato, provavo una solitudine infinita”. È la solidarietà tra migranti a salvarlo “C’erano due adulti bangladesi, mi chiamavano ‘nipotino’”. E allora Macedonia e Serbia, ma servono soldi “ho chiamato mamma e mi ha mandato altri 2500 euro”. In Ungheria Sharif e gli altri vengono picchiati da forze di polizia di un Paese dell’Ue e respinti per quattro volte. 

In Austria finisce in un centro per minori, non ha documenti e quando capisce che lo stanno per rimpatriare, scappa di notte. Poi, l’Italia. 

Ora è cameriere in un prestigioso ristorante di Roma ma non si libera degli incubi “Ripenso a quelli che cadevano mentre camminavamo al confine tra Iran e Turchia e venivano lasciati lì,  a quando bevevamo acqua dalla pozzanghere e mangiavamo foglie di albero”.

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