SOULEYMANE BARRY

“Per diventare un regista desideravo andare in Europa. Ma non subito. Il sogno era lì in un angolo della mia testa, ma ero un ragazzino, non pensavo in alcun modo di lasciare la Guinea, la mia famiglia”. Poi, a decidere per lui, pensano la violenza, la guerra, l’instabilità, l’impossibilità di studiare. “Ci fu la strage allo stadio (Settembre 2009: nello stadio di Conakry, durante le proteste dell’opposizione, vengono massacrata 157 persone), scuole chiuse per sei, sette mesi, disordini,  misi il sogno in pausa e, a 15 anni, partii”.

Barry, però, come la maggioranza di migranti africani, non pensa assolutamente all’Europa. “L’idea era cercare un po’ di lavoro e tranquillità in Angola”. Ma dopo una serie di tappe in Mali e in Burkina Faso, comincia a avere episodi ricorrenti di perdita di coscienza.  Con lui c’è solo un amico coetaneo. Inizia ad avere paura. “È  qui che penso per la prima volta all’Europa, per curarmi. E così paghiamo trafficanti e puntiamo al Niger per arrivare in Libia”. Entra, così, nel circuito maledetto per caso. Nel 2012 si imbarca. “Eravamo a un passo dal naufragio, ci salvò una nave spagnola. Finimmo a Taranto, avevo appena compiuto 18 anni e feci richiesta di asilo”.  

Ora sta meglio. Ma ha ancora crisi di panico. L’incertezza, il limbo creano danni “ho ottenuto la protezione speciale solo nel 2022”. Barry, ha dovuto più e più volte resettare e iniziare da capo. Ora vive da solo in affitto, ha un contratto a tempo indeterminato come operatore edile, dopo la maturità linguistica si è iscritto all’istituto Cine-Tv Roberto Rossellini di Roma.  

Un regista africano farà molto comodo al nostro Paese.

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