BEN

“Dovevo cambiare per sopravvivere, troppa povertà intorno a me”. 

Quando se ne rende conto, Ben non ha neanche 14 anni. Ha finito le medie e lascia la Guinea in preda a guai vari, senza un soldo in tasca. “Trovai lavoro come lavapiatti in un chiosco in Costa d’Avorio, l’idea di fare cucina mi è subito piaciuta”. Ma anche lì, da poco finita una guerra civile, la vita si complica e dopo sei mesi, via. 

Primo contatto con trafficanti: soldi, passaggio in  Mali. 

Secondo contatto con trafficanti, altri soldi per arrivare in Algeria (guadagnati in circa un anno: lavapiatti, muratore, scaricatore e facchino). 

Terzo contatto con trafficanti, altri soldi, “per entrare in Marocco” e tentare l’affondo alla fortezza Europa attraverso Ceuta e Melilla. Ma niente, intercettato e rimandato indietro. “Così tornai ad Algeri e lavorai come uno schiavo per provare dalla Libia”.  

Quarto contatto con i trafficanti. Altri soldi. Poi finalmente la partenza dalle coste. Su un gommone, neanche una barca. “Un uomo morì durante il viaggio. Vidi la sua e la mia morte insieme. Non mi sono più ripreso”.  Salvati da una Ong, arrivano a Salerno. 

Finiti i trafficanti, Ben deve vedersela con le leggi italiane. Ottiene la protezione umanitaria ma due anni dopo il ministro dell’interno di allora decide di abolirla, rendendo illegali decine di migliaia di migranti dall’oggi al domani. “Pagai un avvocato per riconvertire i miei documenti in un permesso di lavoro… in sospeso per un anno”. 

Si ammazza di lavoro e lascia la scuola media “Non ce la facevo, dovevo guadagnare”. Ora lavora come aiuto cuoco, regolare, in un ristorante. 

La cucina…”

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