Il tuo lavoro si focalizza principalmente sul suono e le sue connessioni con l’arte visiva. Le tue opere ricercano una sintesi fra diversi linguaggi quali arte, musica e teatro. Alcune delle tue opere sembrano drammaticamente profetizzare la condizione che stiamo vivendo durante la pandemia: penso, ad esempio, a Ad Lib., la serie di sculture sonore, in cui un ventilatore automatico collegato a canne d’organo esegue delle partiture; oppure a Monologue, dove performi in teatri lirici chiusi registrando le risonanze acustiche. Coincidenze casuali oppure nella tua opera riecheggia la condizione di solitudine e disagio generale?
Mi interessa lavorare su assenza, vuoto e silenzio perché sono potenti metafore per stimolare il pubblico. E sono argomenti che mi attraggono profondamente. Finora non sento che il mio approccio artistico sia cambiato a causa della pandemia, ma credo che sia troppo presto per vedere quanto profondamente siamo stati cambiati da essa, e soprattutto se lo siamo. Suppongo che alcuni aspetti del mio lavoro mi abbiano reso già in qualche modo adatto a questo scenario. Lo dico perché mi ha fatto riflettere l’aver ricevuto in questi mesi messaggi da persone che dicevano di aver pensato ai miei lavori trovandoli particolarmente significativi in questo periodo. Perciò alcune fra le mie opere hanno assunto una luce differente, come appunto è accaduto con i teatri forzatamente chiusi, ritratti già in Monologues nel 2014. Inoltre, qualche giorno prima dell’inizio del lockdown a fine febbraio 2020, dopo più di un anno di ricerca e lavoro, avevo portato a termine la produzione di una nuova versione di Ad lib., serie di sculture sonore che ho iniziato nel 2010. Anche in questo caso, il lavoro si è caricato di un nuovo significato, prima imprevedibile, poiché combina una macchina medica (un ventilatore polmonare automatico) con delle canne d’organo. Dopo un anno, l’opera ha fatto il suo debutto espositivo a Parigi in una mostra personale alla Galerie Alberta Pane, ma – gioco della sorte – la mostra è stata chiusa al pubblico dopo solo un giorno per le nuove restrizioni sanitarie imposte in Francia.
I tuoi lavori esplorano lo spazio attraverso il suono e la sua percezione che appare incorporata ad esso, come nel progetto Panacousticon. Quali dinamiche ti interessa esplorare o attivare nella relazione fra suono, spazio e pubblico?
L’esperienza acustica è una parte fondamentale della nostra percezione dello spazio fisico. Il mio lavoro dunque vuole portare lo spettatore a conoscere un luogo attraverso il suono, ma in modo astratto e non descrittivo. Spesso le mie registrazioni partono dal silenzio di un ambiente per poi esaltarne le frequenze specifiche di risonanza, in pratica per far udire la “voce” di quel luogo, come è successo con i teatri in Monologues che citavo prima.
Nel caso di Panacousticon, invece, metto lo spettatore in relazione con un enorme altoparlante dodecaedro che emette in modo omnidirezionale un drone di onde sonore, che stimola uniformemente con vibrazioni lo spazio circostante. Il pubblico è invitato ad esplorare acusticamente la stanza muovendosi intorno alla scultura per percepire sfumature e lievi modulazioni acustiche causate dai riflessi delle onde sonore nella stanza. In questo modo la staticità dell’opera assume una svolta interattiva: ognuno sperimenta microvariazioni acustiche diverse a seconda del proprio coinvolgimento nell’opera e di come il proprio sistema uditivo percepisce i riflessi sonori. In tal modo lo spettatore è messo nella situazione di scoprire lo spazio che lo circonda attraverso un ascolto attento.
Quali sono gli ultimi progetti su cui hai lavorato?
Ovviamente la stagione espositiva nel 2020 è stata estremamente limitata, così mi sono dedicato a sviluppare progetti per alcune sculture che spero di realizzare prossimamente, ma ho anche approfittato per dedicarmi con più calma alla musica, sviluppando un progetto su Fellini (utilizzando un’intervista inedita messami a disposizione da Cinemazero). A fine anno, ho lavorato a un brano ispirato all’esperienza del lockdown: si intitola loopdown, è stato pubblicato da bb15 di Linz (Austria) in edizione limitata sotto forma di una cassetta costruita per essere suonata in loop senza fine.